Circa un anno fa un centinaio di precari, studenti, lavoratori e disoccupati interruppero uno degli ultimi consigli regionali della giunta uscente della Regione Emilia Romagna al grido di “Yes we cash!”, dando pubblicamente il via all'omonima campagna regionale nata per la richiesta di un reddito minimo garantito, sull'esempio della sperimentazione avviatasi nella regione Lazio (e già presente nel resto d'Europa).
Questa campagna ha attraversato in questi mesi tutta la nostra regione, coinvolgendo movimenti, centri sociali, associazioni, singoli cittadini, partiti, sindacati, dando vita a numerose occasioni di ragionamento e confronto sulla necessità di un ripensamento delle attuali forme di welfare.
Come dimostra il dibattito di questi giorni, questa esigenza è talmente evidente che anche nelle sedi più istituzionali non si è potuto ignorare il problema.
A questo proposito, come attivisti di una mobilitazione che per prima ha avuto il merito di riportare alla ribalta queste tematiche, riteniamo che la proposta avanzata in questi giorni dal presidente Richetti, e cioè "allargare" la cassa integrazione ai precari– per quanto rappresenti una primo e incoraggiante passo verso il riconoscimento della figura del lavoratore precario come un soggetto del tutto privo di garanzie e tutele – abbia invece aggirato esplicitamente la questione “reddito”.
Parlare di "lavoro" oggi significa dover parlare di tutta la complessità di un presente dove si intensifica lo sfruttamento e la completa assenza di diritti. Per questo motivo chiedere l'istituzione di reddito garantito, minimo, diretto, sganciato dalla prestazione lavorativa, universale, singola e non su base familiare permetterebbe a tutti gli individui una garanzia di "minimi " adeguati ad una vita dignitosa in una società dove le regole del mercato del lavoro troppo spesso sono in tensione con i principi costitutivi della sfera pubblica come l'eguaglianza di opportunità.
E' evidentemente altro rispetto alla redistribuzione delle risorse e all'allargamento della cassa integrazione, che riguarderebbe semplicemente ex lavoratori – seppur precari – senza un ripensamento della completa struttura di un ormai vetero e scricchiolante welfare.
L'altro tema eluso è quello dell'individuazione di risorse aggiuntive da destinare a tutto ciò, se dietro all'intento di "riequilibrare" i meccansimi di assegnazione delle stesse si nasconde la vecchia logica della "coperta corta", con cui coprire temporanemente le falle più evidenti del sistema.
Alle istituzioni spetti l'impegno nella ricerca di altre e nuove risorse da destinate ad un nuovo welfare, anche al fine di evitare scontri “mediatici” tra garantiti e non garantiti, in una condizione in cui la precarietà è ormai vissuta e percepita come tratto comune di una società intera.
Campagna regionale Yes we cash
Questa campagna ha attraversato in questi mesi tutta la nostra regione, coinvolgendo movimenti, centri sociali, associazioni, singoli cittadini, partiti, sindacati, dando vita a numerose occasioni di ragionamento e confronto sulla necessità di un ripensamento delle attuali forme di welfare.
Come dimostra il dibattito di questi giorni, questa esigenza è talmente evidente che anche nelle sedi più istituzionali non si è potuto ignorare il problema.
A questo proposito, come attivisti di una mobilitazione che per prima ha avuto il merito di riportare alla ribalta queste tematiche, riteniamo che la proposta avanzata in questi giorni dal presidente Richetti, e cioè "allargare" la cassa integrazione ai precari– per quanto rappresenti una primo e incoraggiante passo verso il riconoscimento della figura del lavoratore precario come un soggetto del tutto privo di garanzie e tutele – abbia invece aggirato esplicitamente la questione “reddito”.
Parlare di "lavoro" oggi significa dover parlare di tutta la complessità di un presente dove si intensifica lo sfruttamento e la completa assenza di diritti. Per questo motivo chiedere l'istituzione di reddito garantito, minimo, diretto, sganciato dalla prestazione lavorativa, universale, singola e non su base familiare permetterebbe a tutti gli individui una garanzia di "minimi " adeguati ad una vita dignitosa in una società dove le regole del mercato del lavoro troppo spesso sono in tensione con i principi costitutivi della sfera pubblica come l'eguaglianza di opportunità.
E' evidentemente altro rispetto alla redistribuzione delle risorse e all'allargamento della cassa integrazione, che riguarderebbe semplicemente ex lavoratori – seppur precari – senza un ripensamento della completa struttura di un ormai vetero e scricchiolante welfare.
L'altro tema eluso è quello dell'individuazione di risorse aggiuntive da destinare a tutto ciò, se dietro all'intento di "riequilibrare" i meccansimi di assegnazione delle stesse si nasconde la vecchia logica della "coperta corta", con cui coprire temporanemente le falle più evidenti del sistema.
Alle istituzioni spetti l'impegno nella ricerca di altre e nuove risorse da destinate ad un nuovo welfare, anche al fine di evitare scontri “mediatici” tra garantiti e non garantiti, in una condizione in cui la precarietà è ormai vissuta e percepita come tratto comune di una società intera.
Campagna regionale Yes we cash